Recensioni 2004

JAZZ CONVENTION – YEAR 2004 – FABIO CIMINIERA

“Felice Clemente espone in Inside Me, suo secondo lavoro, le coordinate del proprio mondo musicale: il jazz, innanzitutto, ma anche le varianti, le radici, gli accenti che, nel corso della storia ormai secolare della musica afroamericana, ne hanno arricchito e modificato lo sviluppo. Vale a dire che le composizioni presenti nel lavoro del sassofonista sono piacevoli innesti sulla matrice di fondo di atmosfere che di volta in volta si rifanno al blues, al latin jazz, all’introspezione e alla riflessione, agli interventi europei nella cultura jazz e così via, valorizzando in corso d’opera l’intervento dei musicisti presenti nel disco.
L’equilibrio di Inside Me viene proprio dalla tranquilla e sapida lettura del materiale, sia umano che musicale, a disposizione e dell’utilizzo che Felice Clemente ne fa: la forza, i lati positivi di questo lavoro risiedono nella capacità di inserire tasselli, di accostare suoni, di costruire melodie in grado di valorizzare al meglio le idee del sassofonista, lo sforzo dei suoi musicisti. La formazione decisamente ampia, tre fiati e un percussionista, e utilizzata con varietà, permette alla musica di Clemente di raccontare le diverse atmosfere dei brani, saltando, in un certo senso, la necessità di spiegare determinati passaggi: la successione dei brani che compongono il disco propone scarti tra la ballata romantica (Guardian Angels) e il funky ritmato (Get off here), tra il sostenuto El carrito la cui vena latina viene messa in evidenza dalle percussioni alla riflessiva La terza ragione, la malinconia di Winton, brano di Sonny Rollins per mettere in chiaro uno dei propri riferimenti al passato, alternata al blues scanzonato (Red Blues) e alla gioiosa Cornucopia, l’apertura del disco, My Little Star con la band al completo e ben guidata con le frasi costruite dai fiati e gli assolo che echeggiano l’accompagnamento, la chiusura affidata all’atmosfera riflessiva del brano di Ennio Morricone, Playing love, suonato soltanto da sassofono e pianoforte.
Oltre all’ampiezza della formazione, il disco prende vita e sostanza dall’utilizzo dei suoni e degli strumenti, dall’alternanza ben curata di tromba e flicorno, dalla scelta nella gamma dei sassofoni, l’accostamento di percussioni e batteria, le sonorità particolari del trombone, il tutto viene concepito ed è conseguente nell’ottica del suono e della melodia. Infatti è proprio questo il punto saliente di questo lavoro, la ricerca di una linea da seguire e da raccontare attraverso la musica e le composizioni presenti in Inside Me: risultato che viene cercato in modo diretto e senza sovrastrutture ridondanti, lasciando fluire la musica e seguendone la traccia nella costruzione degli assolo. Inside Me diviene così un disco sereno, che rilegge la tradizione del jazz alla luce del carattere e della musicalità dei protagonisti.

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IL VENERDÌ DI REPUBBLICA DEL 09/07/2004 DI ENZO SICILIANO

“Nel sax di Clemente la forza dello stile.
Felice Clemente | Inside Me
Una bella lena quella di Felice Clemente che mette accanto al proprio sax la tromba e il flugehorn di Marco Brioschi, il trombone di Rudy Migliardi, il piano di Massimo Colombo, il double bass di Valerio della Fonte, la batteria di Massimo Manzi e le percussioni di Loris Stefanuto (album Splasc(H) Records).
La musica che fanno ha qualcosa di fisicamente vigoroso: disegna un corpo di suono che non si dimentica facilmente per stile, compattezza.”

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ALIAS N.43 DEL 30/10/2004 DI S.CR.

“Inside me (Splasc(H) Records).
L’impeccabile fraseggio del sassofonista milanese non è sfuggito all’attenzione di pubblico e critica, che lo aveva accolto in maniera positiva all’uscita del precedente disco Way Out Sud.
Ora ci riprova con nove brani, sette originali e due rifacimenti di Sonny Rollins (Wynton) e Morricone (Playing Love da La leggenda del pianista sull’oceano), dove riversa tutta la passione per il jazz in ogni sua forma conosciuta: da quella sperimentale a quella più spinta sul versante swing, mettendone in evidenza anche le sfaccettature latin. (s.cr)”

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SUONO N.374 DI NOVEMBRE 2004 DI FEDERICO SCOPPIO

“Felice Clemente: “Inside Me” (Splasc(H) Records CDH928, distr.Ird).
Aveva fatto il “botto” l’anno scorso quando uscì col suo disco d’esordio, Way “Out” Sud, nel quale faceva il verso, omaggiandolo, a uno dei capolavori del suo massimo riferimento musicale Sonny Rollins, Way Out West.
È passato poco tempo, ma lo smalto ha acquistato una tinta molto forte. La lucidità, la freschezza di idee, la padronanza dello strumento fanno di Felice Clemente una delle nuove stelle del jazz nostrano.
Per di più dimostra di sapersi esprimere con lucida intensità.
Da Dexter Gordon, così come Rollins, il trentenne milanese di origini calabre non può prescindere. In una formazione – in cui ha perso Giovanni Falzone – ben quadrata dalla ritmica formata dal pianoforte di massimo Colombo, il contrabbasso di Valerio della Fonte e il motore roboante di Massimo Manzi, tutti si dimostrano all’altezza della situazione, compresi Marco Brioschi alla tromba e Rudy Migliardi al trombone, ma naturalmente gli interventi del leader sono quelli che si sviluppano con maggior frequenza, intensità ed efficacia.
Ancora una volta repertorio per gran parte originale e quasi interamente firmato dal giovane, ad eccetto di Wynton di Rollins – una mania la sua! – e Playing Love di Ennio Morricone. Seppur estremamente circoscrivibile ancora una volta, per metodo e prospettive – al jazz di Thelonious Monk e quello di Horance Silver, è musica di elevata qualità e buon appiglio.”

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MUSICA JAZZ NOVEMBRE 2004 DI G.M.

“Felice Clemente: “Inside Me” (Splasc(H) Records CDH928, distr.Ird).
Nell’ideale seguito di “Way Out Sud” il sassofonista brianzolo allarga la formazione al settetto: una solidissima front line con Rudy Migliardi (tr.ne) e Marco Brioschi (tr., flic.) e una ritmica altrettanto vigorosa comprendente Massimo Colombo (p.), Valerio della Fonte (cb.), Massimo Manzi (batt.) e Loris Stefanuto (perc.).
Il riferimento dichiarato è come sempre a Sonny Rollins nel fraseggio strumentistico e nel modello strutturale, dal primo hard bop alle matrici caraibiche; a parte la rollinsiana Wynton e una Playing Love di Ennio Morricone, il repertorio è però tutto di Clemente e del gruppo, con My Little Star, El Carrito, Get Off Here a distinguersi per comunicativa, dinamismo, vivacità espressiva (G.M.).”

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JAZZIT – NOVEMBRE/DICEMBRE 2004 DI S.P.

“Felice Clemente: “Inside Me” (Splasc(H) Records CDH928, 2004 distr.Ird).
Felice Clemente, al suo secondo disco per la Splasc(H) dopo “Way Out Sud” dell’anno scorso, si conferma una delle migliori tra le ultime leve sassofonistiche italiane.
Il suo stile risente fortemente del modello rollinsiano per il suono corposo, l’andamento ritmico implacabile e il rigoglioso fraseggio, ma sa anche farsi lirico e delicato nelle ballads.
Oltre a una matura padronanza del lessico improvvisativo, Clemente dimostra anche un’ottima vena di compositore (sono suoi tutti i brani tranne uno di Morricone e l’incantevole ballad Wynton di Sonny Rollins).
Essenziale per la riuscita del disco un gruppo scattante e coeso, in cui spiccano il pianoforte di Massimo Colombo, la batteria di Massimo Manzi e Marco Brioschi e Rudy Migliardi rispettivamente a tromba e trombone.”

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JAZZITALIA.NET – DI ANTONIO TERZO

“Felice Clemente: “Inside Me” (Splasc(H) Records CDH928, distr.Ird).
Sono le pulsazioni interiori a costituire l’anima di questo Inside me – secondo lavoro del sopranista e tenorista Felice Clemente, che segue il già molto apprezzato Way “”out”” Sud – siano esse provenienti da pieghe interne della personalità musicale del sassofonista brianzolo ma calabrese d’origine, autore di quasi tutti i titoli, siano esse piuttosto quelle del beat della sua sezione ritmica e della band tutta, siano, infine, quelle delle grandi figure del jazz cui – inevitabilmente e come chiunque – il nostro si ispira. Ad accompagnarlo in questa nuova avventura discografica ancora il fedele contrabbassista Valerio Della Fonte e l’elegante piano di Massimo Colombo, mentre il sestetto è questa volta completato da Marco Brioschi alla tromba ed al flicorno, Rudy Migliardi al trombone, Loris Stefanuto alle percussioni e Massimo Manzi alla batteria. Un attacco deciso in session per My little star, composizione biografica dal carattere hard-bop, sfumature nostalgiche ma scattante nel ritornello, scritta con lungimirante approccio da leader apposta per concedere agli altri fiatisti-solisti lo spazio che meritano: di brunita lucentezza l’intervento del trombone, i cui spunti sono proseguiti dalla limpida tromba, mentre il sax tenore riesce a sorvolare le modulazioni armoniche con fantasia e scioltezza, per riversarsi poi nei pregevoli arrangiamenti in sezione di Lorenzo Della Fonte che accompagnano i vari moduli in cui il brano si declina. Avvio del contrabbasso sul tempo notevolmente sbilanciato di un contratto loop che disegna l’architettura di Get off here, spigolosa creazione di Della Fonte, in cui la tromba si distingue per un fraseggio discontinuo, mordace e vivace al tempo stesso. Lo segue quello del tenorsax, che conferma di sapersi ben giostrare anche su nervature armoniche non scaturite dal proprio pentagramma. Accattivanti le progressioni ritmo-melodiche del piano di Colombo, surrettiziamente intrise di dotte citazioni, pertinente il break alla batteria dell’ottimo Manzi in scambi con tutti gli altri strumentisti, per riportare il gruppo alla testa del pezzo.Velatamente “”petruccianiano”” il lirico prologo del piano in Guardian Angels, con analoghi scenari e vagheggiamenti melodici, esaltati dall’affusolato timbro del sax soprano…Misuratissimo e ben articolato il vocabolario espressivo nel monologo del contrabbasso, sottolineato dalle percussioni di Stefanuto sull’andamento ternario che le spazzole di Manzi rendono garbato e rassicurante. Cromatici arabeschi nel solo di Clemente, spesso a margine della notazione armonica, su cui si arricciano anche le involuzioni diatoniche del piano… E a sottendere tutto, l’insistente pedale ritmico del contrabbasso. Marcatamente latin le figurazioni evocate da questa quarta traccia, non per avventura intitolata El Carrito, sulle cui prospettive armoniche si innesta ancora un rilucente volo solistico del trombone. A ruota il soprano, che si abbandona a sincopate scale, spostandone via via le inflessioni e creando una sorta di illusione rapsodica imbeccato dalla battente divisione ritmica in ottavi. Da evidenziare in coda il momento dialogico fra percussioni e batteria per una simbiosi ritmico-percussiva di perfetta intesa nonché ottima riuscita.Consegnate ai toni rauchi del flicorno le note de La terza ragione, a rimarcarne il clima grigio-autunnale, opera di Colombo che ben si inserisce nell’atmosfera di questo disco. Sullo sfondo campeggiano impercettibili, ma ancora presenti, le fantasiose suggestioni percussionistiche di Stefanuto, mentre malinconico e velato il trombone calpesta il selciato scandito dal walking di Della Fonte, in combinazione con il sax. Solitario, il soprano informa il tema di un sapore pop-jazz, vagamente echeggiante il sound del maggiore dei Marsalis prima maniera, pur non possedendo – ancora – la stessa creatività improvvisativa. Pieno e rotondo il flicorno, i cui riverberi riempiono gli spazi improvvisativi lasciati dalle armonie di contrabbasso e piano. Anche quest’ultimo tuttavia torna presente con un assolo in cui spiccano i frangenti all’unisono fra le due mani, mentre i risvolti motivici, volgendo al termine, si ripetono sull’accentazione di accordi di quinta eccedente, oramai totalmente impossessatisi dell’animo dell’ascoltatore. Ritorno al bop con Red Blues, fiati che si rincorrono e sui quali svetta il sax del giovane ancista, adesso il tenore, con voce penetrante e gradazioni rosso-blu cui si alternano ancora gli ottoni, stantuffante il trombone, rutilante la tromba, seguiti dal piano i cui brillanti acuti si inframmezzano ai registri intermedi, sugli agili accenti della batteria, con finale in ensemble.Calda ed intima l’ambientazione per l’unico standard della tracklist, quella Wynton di Sonny Rollins che, frutto di una appassionata ricerca, il nostro ha registrato per terzo, dopo le due incisioni effettuate dall’autore originale, ed i cui suadenti contorni sono ben tratteggiati dalle curvature melodiche del tenore di Clemente, dando anche qui buona prova della sua sensibilità musicale. Soffusi contrappunti tematici si spandono dal flicorno, mentre a sua volta il contrabbasso rilascia un pizzicato in rapide successioni, che riconduce alla linea principale, morbidamente chiusa dal tenorista in un sussurrato e delicato ending. Abbondanza di sonorità per Cornucopia, ancora di Clemente, con pittoreschi colori caraibici spennellati su di un funky reso acustico dal contrabbasso e dalla sezione percussiva Manzi-Stefanuto. Trombone con sordina che si presta ai giochi del mood concitato del pezzo, cui segue roboante il sax di Clemente, a ricalcare ancor di più gli ammiccamenti funky del motivo. Risuonano i tom di Manzi ed i suoi vibranti piatti, sotto il piano in intenzionale continuo anticipo rispetto agli accenti forti della melodia.Per chiudere, un piccolo omaggio ad uno dei più grandi compositori della musica italiana, Ennio Morricone, per Playing Love, dove, dopo una distesa e rilassante intro in solo di Colombo, il duo piano-soprano produce un microcosmo d’emozioni che mirabilmente reinterpreta in chiave jazz il riflessivo leit-motiv scritto a commento de “”La leggenda del pianista sull’Oceano””, a dimostrazione che il jazz non è soltanto standard, ballad, bebop o free, ma riesce a rinnovare se stesso e tutti i repertori musicali, facendo proprie e sublimandosi in pagine già sublimi della musica di tutti i tempi.Un lavoro caratterizzato per la varietà delle stesure musicali proposte, in cui, contemporaneamente, si individua una precisa coerenza concettuale nella cifra di un fresco contemporary-jazz, con le sue escursioni bop, le languide dissolvenze nei momenti più melodicamente intensi, gli appigli alla tradizione, l’alternanza delle parti e degli umori. Il che attesta il buono stato di salute del jazz nostrano, non soltanto fra gli illustri “”soliti noti””, ma proprio fra le giovani leve: e a tal proposito suggeriamo al giovane Clemente di non lasciarsi scappare i preziosi musicisti che hanno accompagnato questa sua seconda uscita discografica, così da proseguire nell’escalation che contraddistingue la sua appena iniziata carriera dallo scorso primo album ai tanti che certamente seguiranno.”

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JAZZITALIA.NET – DI DARIO GENTILI

“Way “”out”” sud rappresenta il lavoro d’esordio di uno dei giovani più interessanti che la scena jazz italiana offre al momento, il sassofonista Felice Clemente. Il Quintetto a cui Clemente dà il nome presenta un progetto leale e rischioso al contempo, come esemplarmente sintetizza il titolo Way ”out” sud: parafrasando il titolo di uno dei capolavori di Sonny Rollins, Way out west del 1957, il Felice Clemente Quintet si pone sotto l’ala protettiva dei mostri sacri del passato, ma la sostituzione di ”west” con ”sud”, imprime all’omaggio tributato a uno dei sax tenore più importanti e influenti della storia del jazz un accento fortemente personale e originale. Way “”out”” sud aspira a condurre l’hard-bop più classico, quello di Rollins e degli anni cinquanta in genere, sulla via verso il sud, non soltanto il sud della tradizione jazz americana, quello di New Orleans, ma anche altri sud tra cui quello nostrano della Calabria.Ciò che sorprende positivamente dall’ascolto di tutte le sette tracce (tutte rigorosamente originali) di Way “”out”” sud è un miracoloso equilibrio tra il più rispettoso mainstream e le frequenti tonalità latine di cui molti brani sono intrisi: Way ”out” sud suona fresco e solare senza mai tradire la lezione dei “grandi”” e senza nemmeno strizzare maliziosamente l’occhio alla musica “latina” o “etnica”. Seppur ispirato dal Mediterraneo, il Felice Clemente Quintet suona pur sempre il jazz di Rollins, Monk e Silver.Way “out” sud si apre con Dragon-fly, la traccia più “americana” dell’intero lavoro, apparentemente la più legata alla tradizione: un blues molto caldo, dove il Quintetto fa sfoggio del suo grande affiatamento e di una perfetta gestione dei tempi e degli assoli. Già con la title-track Way out sud, emerge prepotentemente uno dei sud, quello afro-cubano, a cui il jazz di Clemente s’ispira. Il ritmo, finora decisamente sostenuto, cala con la malinconica Lady TT, introdotta da un raffinato fraseggio alla chitarra di Manuel Consigli: l’atmosfera è resa avvolgente dal sax soprano di Clemente, che sembra prediligerlo rispetto al tenore per tessere atmosfere più rarefatte, ed è impreziosita da un assolo al piano di Colombo. Dello stesso tono è l’unica traccia non a firma Clemente, Turkey’s flight del contrabbassista Della Fonte, che prosegue il leggero sorvolo del Mediterraneo, mentre con Blues for Elvira una rapida virata ci lascia sulle rive del Mississipi per il più classico dei blues in cui, come già in Dragon-fly, la tromba di Falzone dimostra di essere particolarmente a suo agio. L’omaggio più esplicito al sud d’Italia è Amantea, che prende il nome dal paese di cui è originaria la famiglia di Clemente; ancora al soprano, Clemente disegna con tratti leggeri e delicati una melodia nostalgica, ben contrappuntata dal flicorno di Falzone, che verso la fine del brano sembra sul punto di svanire nella luce del sole e nelle distese del mare, ma ancora un’ultima volta il tema torna nitido e chiaro quasi a volersi lasciar cullare ancora un po’ dalla fresca brezza di Amantea.Conclude Way “”out”” sud un esplicito tributo a Sonny Rollins e alla sua celeberrima St. Thomas, Happy Calypso, un ultimo sud ancora da visitare e dalle cui danze caraibiche lasciarsi trascinare.”

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RADIO RAI FILODIFFUSIONE CANALE 4 – 2

“Felice Clemente, musicista jazz”.
Il sito del clarinettista e sassofonista italiano che con le ultime formazioni ha dato vita a due importanti progetti jazz.
Felice Clemente è giovane, ma i suoi progetti si stanno già proponendo al pubblico e alla critica come punto di riferimento, di equilibrio tra rinnovamento e tradizione in un filone della musica – com’è il jazz – nel quale le alchimie compositive, tecniche e comunicative sono componenti fondamentali di un rapporto stretto tra creatore e fruitore.
Il sito del Felice Clemente quintet e del Felice Clemente septet, due formazioni che sono infarcite di grandi personaggi della musica jazz italiana da Marco Brioschi alla tromba (monzese del ’64, allievo di Emilio Soana, dalla limpida sonorità, in concerto con Bob Mintzer e Jimm Hall), Rudy Migliardi al trombone (studi al conservatorio a Torino, in orchestra alla Scala, al Regio di Torino, nella celebre orchestra ritmica della RAI di Milano, dedito sia al jazz che al classico e alla musica barocca, in orchestra con Paolo Conte), Massimo Colombo, compositore, pianista, (milanese, del ’61, studi in conservatorio di piano e composizione, in orchestra con tutti i grandi contemporanei, sperimentatore di sonorità acustiche ed elettriche, un’autorità, insomma), Massimo Manzi alla batteria (romano, del ’56, della Scuola popolare di musica del Testaccio, studi a Ravenna, collaboratore di gruppi e orchestre, insegnante al Conservatorio di Bologna), Valerio Della Fonte al contrabbasso (studi in conservatorio, poi in corsi specializzati in Italia e all’estero, suona musica classica e jazz), Loris Stefanuto alle percussioni (friulano, del ’67, studi in conservatorio, collaborazioni in orchestre classiche, jazz, etniche, insegna nei conservatori) mette in mostra non solo il percorso serio del fondatore delle formazioni, ma fornisce anche interessanti spunti nella presentazione dei due dischi incisi con la Splasc(h) records.
Un sito composito, pieno di vita, quella legata alla stratificazione radicata (vedi le geniali osservazioni di Richard Sennett, della London School of Economics), del ricordo e dell’affetto per il luogo fisico e della memoria. Come si vede dall’ingresso, strutturato a mo’ di teatro rinascimentale.”

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MESCALINA ON-LINE MUSICA DI ROMUALDO PAINO

“Ho ascoltato questo cd, il secondo di Clemente per la benemerita Splasc(H), varie volte, in momenti e stati d’animo differenti e ho continuato ad emettere lo stesso giudizio: un robusto hard bop, con influenze latin che ricorda il periodo meno glorioso della Blue Note. Eppure come un serial killer torno ancora sul luogo del delitto perché qualcosa non mi convince.
Ad un certo punto, ecco! Il terzo brano “Guardian angels”: intro di piano molto melodico e raffinato in stile Bud Powell, il sax soprano entra sul tema ed esce per lasciare spazio ad un breve solo di contrabbasso e poi Clemente parte con un magnifico solo di soprano che è un chiaro omaggio a Steve Lacy, avventuroso ma con i piedi ben saldi nella tradizione. Trovata la chiave di ascolto, la scoperta dei dettagli è pura goduria: la musicalità ellingtoniana di “My Little Star” armonicamente complessa, il bel lavoro di squadra su “El Carrito” (in cui spicca un notevole solo di Rudy Migliardi al trombone), le arie quasi ragtime di “Red Blues” che precedono un bell’omaggio di Clemente al Coltrane più tradizionalista (periodo “Blue Trane”) e così via.
Ricomponendo i dettagli ne esce fuori un disco solido, senza sbavature che si muove bene nel territorio piano, ma denso di trappole del mainstream.”

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RADIO RAI FILODIFFUSIONE – CANALE 4

“INSIDE ME – Il progetto jazz del Felice Clemente septet.
Cinque pezzi da Inside me, di Felice Clemente.
Felice Clemente sassofono tenore e soprano | Marco Brioschi tromba e flicorno | Rudy Migliardi trombone | Massimo Colombo pianoforte | Valerio Della Fonte contrabbasso | Massimo Manzi batteria | Loris Stefanuto percussioni.
Dopo la pubblicazione, con il Felice Clemente quintet del disco Way out sud, il giovane e ricco di talento clarinettista e sassofonista raccoglie intorno a sé il Felice Clemente septet per la creazione di un nuovo progetto jazzistico, dal titolo introspettivo di Inside me, edito ancora una volta dalla Splasc(h) records che – nelle parole dell’autore – “”nasconde tutto l’amore per la musica jazz in tutte le sue sfaccettature ritmiche del latin, del blues,dello swing e dell’afro, le componenti timbriche dell’insieme di più fiati e strumenti ritmici, l’alternanza tra il pieno sonoro e l’approccio più intimistico.””Per puro caso, ne siamo venuti a conoscenza. L’invio di un disco nei nostri uffici, l’ascolto in una piovosa domenica d’inverno (oh Dio! un’altro disco da ascoltare e a cui eventualmente rispondere con cortesia). Poi la sorpresa, nel sentire un gruppo di musicisti dalla tecnica eccellente, un crescendo di sonorità che catturano, una lunga serie di rivisitazioni jazzistiche di qualità, un equilibrio formale raggiunto con eleganza. Il contatto e la richiesta di poterlo mettere in onda nel nostro sito internet. Ecco come è nata questa iniziativa della quale andiamo orgogliosi e della quale ringraziamo tutti i componenti del settimino.
E che componenti! Non possiamo negarci che la base di tutte le interpretazioni eccezionali del jazz è dapprima in un grande rigore tecnico e poi in una grande, eccezionale capacità musicale del compositore-esecutore-musicante. Tutti i grandi hanno avuto questo solido connubio. Benny Goodman, Louis Armstrong e, più giù Ray Charles, Miles Davis, solo per citare le star. Ma è pieno di esempi maggiori o minori.
Ed ecco che dal gruppo di Felice Clemente escono Marco Brioschi alla tromba (monzese del ’64, allievo di Emilio Soana, dalla limpida sonorità, in concerto con Bob Mintzer e Jimm Hall), Rudy Migliardi al trombone (studi al conservatorio a Torino, in orchestra alla Scala, al Regio di Torino, nella celebre orchestra ritmica della RAI di Milano, dedito sia al jazz che al classico e alla musica barocca, in orchestra con Paolo Conte), Massimo Colombo, compositore, pianista, (milanese, del ’61, studi in conservatorio di piano e composizione, in orchestra con tutti i grandi contemporanei, sperimentatore di sonorità acustiche ed elettriche, un’autorità, insomma), Massimo Manzi alla batteria (romano, del ’56, della Scuola popolare di musica del Testaccio, studi a Ravenna, collaboratore di gruppi e orchestre, insegnante al Conservatorio di Bologna), Valerio Della Fonte al contrabbasso (studi in conservatorio, poi in corsi specializzati in Italia e all’estero, suona musica classica e jazz), Loris Stefanuto alle percussioni (friulano, del ’67, studi in conservatorio, collaborazioni in orchestre classiche, jazz, etniche, insegna nei conservatori).
Nomi eccellenti, riuniti per affinità musicale e personale a suonare – nel progetto – oltre a brani di Clemente, anche di Della Fonte e di Colombo, – che purtroppo non possiamo ascoltare qui come neanche Wynton di Sonny Rollins e Playing love di Morricone – tutti pezzi “”con una struttura armonica formale insolita e originale che risalta le qualità dei solisti e degli insiemi, dando personalità e forza d’urto.”

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ALTRI SUONI MUSICA E ALTRI LINGUAGGI – DI DIEGO LIBRANDO

“Secondo album a distanza di un anno dal bel Way “Out” Sud per il sassofonista calabro-brianzolo. Dopo il convincente esordio ‘dedicato’ al Sonny Rollins di Way Out West, Felice Clemente si conferma più che una promessa nel panorama dei giovani “leoni” italiani.
Fedele alla metafora dei “nani sulle spalle dei giganti” di medievale memoria, Clemente non perde mai di vista i suoi maestri. Rollins, Monk, Silver sono più che fantasmi presenti in ogni sua composizione. Ciò non gli impedisce, tuttavia, di essere sempre ‘moderno’ e originale.
Ciò che impressiona è soprattutto la chiarezza, rara in un giovane, con cui elabora temi ben definiti e sempre diversi tra loro. Anche in questa seconda prova, infatti, dà prova di essere efficace compositore. Cinque brani su nove escono dalla sua penna, ad eccezione di “Wynton”, ennesimo omaggio a Sonny Rollins (e che ne parliamo a fare…), “Get Off Here” e “La terza ragione”, rispettivamente di Valerio Della Fonte e Massimo Colombo, e il brano che chiude il disco, “Playing Love”, tema di Ennio Morricone scritto per Il pianista sull’Oceano.
Lo ‘zoccolo duro’ del gruppo è lo stesso del precedente lavoro discografico e l’affiatamento si sente. La ritmica composta dai fedeli Valerio Della Fonte (contrabbasso) e Massimo Colombo (pianoforte) si avvantaggia stavolta dei ritmi di Massimo Manzi (batteria) e Loris Stefanuto (percussioni). A fare da controcanto (e anche molto di più) alle invenzioni del leader la tromba e il flicorno di Marco Brioschi e il trombone di Rudy Migliardi.
Tra le composizioni più riuscite “El carrito” è forse quella che meglio ne rappresenta l’unità d’intenti. Tempo in tre, ritmo latin tanto caro a Clemente, fiati ottimamente arrangiati da Lorenzo Della Fonte e continui e precisi rimandi tra i vari strumenti all’interno dei quali si inserisce un lungo assolo del trombone e un altrettanto esteso (forse qui un po’ troppo lezioso) assolo del soprano. Nonché un efficace scambio tra i due ‘maestri’ del ritmo. Trascinante.
A chiudere il riuscito omaggio in duo sax e piano al maestro Morricone, sincero e toccante.
Insomma un disco vario, ben suonato ed egregiamente arrangiato, che attraversa varie epoche e mondi sonori, dal bop (hard) di “My Little Star” al funky di “”Cornucopia””, composizione che deve forse il suo nome alla ricchezza dei ‘materiali’ messi in campo, passando per l’introspettiva “Playing Love”.

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Competenze

Postato il

15/03/2020

INFORMATIVA

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